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Marchio patronimico

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Il marchio patronimico consiste in quel marchio che coincide con il nome dell’imprenditore o del professionista, che è dallo stesso utilizzato per contraddistinguere nel mercato i propri prodotti e/o servizi.

La registrazione di marchi patronimici è molto diffusa nel settore della moda, in cui la maggior parte dei marchi registrati è costituita dai nomi degli stilisti che firmano le proprie creazioni. La lista degli esempi potrebbe essere infinita; per fare alcuni esempi basta pensare ai padri della moda, come Louis Vuitton (dal nome del fondatore dell’omonima maison), Chanel (dalla stilista Gabrielle “Coco” Chanel) e Gucci (da Guccio Gucci).

La registrazione del proprio «nome» come marchio permette all’imprenditore di poterlo utilizzare in via esclusiva nel mercato per creare un immediato collegamento, agli occhi dei consumatori, tra il prodotto offerto sul mercato e la propria persona.

La registrazione del proprio nome come marchio d’impresa, oltre ad essere un presupposto essenziale e doveroso per qualsiasi impresa di successo, costituisce anche una cautela non rimandabile per quei professionisti o imprenditori il cui nome non sia ancora noto, ma che siano in procinto di lanciare nel mercato i propri prodotti/servizi, o che abbiano già iniziato a contraddistinguere gli stessi tramite il proprio nome.

La registrazione come marchio del proprio nome, infatti, da un lato consente all’imprenditore di rivendicarne l’uso esclusivo, e, dall’altro, lo mette al riparo da sgradite sorprese, che potrebbero verificarsi nel caso in cui un imprenditore concorrente registrasse un marchio simile o identico al suo nome.

Anche nel dorato campo della moda e delle grandi firme è accaduto – non di rado – che uno stilista abbia perso il diritto all’utilizzo del proprio nome come marchio. Ciò è accaduto, per esempio, in quei casi in cui il marchio sia stato ceduto a terzi, o lo stilista sia uscito dalla compagine societaria titolare del marchio registrato, ecc.

In tali casi, pure essendo il marchio costituito dal proprio nome e cognome, è stato impedito allo stilista di continuare ad utilizzarlo come marchio, pur essendo consentito allo stesso di utilizzarlo “semplicemente” come nome per indicare la paternità artistica dei prodotti.

 

Sul punto la Cassazione ha confermato che l’uso del patronimico come marchio, non può essere utilizzato se esiste un marchio registrato anteriore sul quale un terzo detenga validi diritti, «salvo il suo impiego limitato secondo i principi di correttezza professionale». (cfr. Cass. civ. Sez. I Sentenza n. 10826 del 2016).

In tema di utilizzo “secondo i principi di correttezza professionale” del proprio nome da parte di un imprenditore che non sia titolare del corrispondente marchio patronimico, possiamo citare il caso concreto che ha visto protagonista lo stilista Elio Fiorucci, venuto a mancare nel luglio del 2015, noto per la sua cifra stilistica «pop».

A causa di varie difficoltà economiche, verso la fine degli anni ’80 la società del noto stilista cedeva ad una multinazionale giapponese, la Edwin Co. Ltd, il marchio e l’intero «patrimonio creativo» della Fiorucci.

In seguito la Corte d’Appello di Milano ha ritenuto legittimo l’uso del nome anagrafico dello stilista nei marchi “successivi” (i.e. “Love Therapy by Elio Fiorucci” e “Love Therapy Collection by Elio Fiorucci” utilizzati per una serie di prodotti), affermando che il nome contenuto nel marchio aveva una mera funzione descrittiva e non distintiva, esprimendo semplicemente la personalità di Elio Fiorucci e l’apporto personale dello stilista nella produzione dei prodotti in questione.